LA BUSTINA DI MINERVA era una rubrica di Umberto Eco sull'Espresso.
Tempo permettendo, faremo una operazione analoga in finanza: poche note periodiche su malvezzi, false convinzioni, bufale, etc. etc.
A volte si dice: se ho guadagnato, va bene così: chi se ne frega se ho guadagnato meno dell’indice?
Sbagliato.
La valutazione della out-performance è essenziale.
Perché?
Perché quando si decide, ad esempio, di andar lunghi su New York, esistono due modi di farlo: comperare tutta la borsa (ossia l’indice) o scegliere i titoli uno per uno.
Comperare l’indice è ormai semplice come pelare una banana e ci sono almeno tre modi per farlo: i futures, gli ETF, le opzioni e sicuramente sto dimenticando qualcosa… il costo delle transazioni è in genere quasi irrilevante, i margini sono normalmente generosi, non ci sono di solito problemi di liquidità… e via di seguito.
Se si comperano i titoli uno per uno i vantaggi appena enumerati possono a volte trasformarsi in problemi e in aggiunta abbiamo il problema principe: quello della selezione; perché Apple e non General Electric o una miniera d’oro del Nevada? Perché fare tutta quella fatica e assumersi i rischi di toppare?
C’è solo una risposta: perché così facendo ci aspettiamo di guadagnare di più… molto di più… ossia di out-performare alla grande l’indice. Noi vogliamo fare il primo milione (o il secondo, il terzo…).
Se non ce la facciamo a out-performare l’indice, una volta può essere stata sfortuna, ma due sfortune cominciano a rivelare delle tare di comportamento. E se in noi si annida una tara di comportamento in un crash (in cui prima o poi ci imbatteremo) perderemo più di quel che possiamo permetterci.
Garantito al limone.
Non dimenticate di confrontavi col mercato e non congratulatevi mai con voi stessi: è una pratica perniciossima, come quella di credere di vedere la Madonna.
Best of all.
R
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